Voglio cantare e se non canto moro”, così inizia uno stornello raccolto nel 1970 da Sandro Portelli dalla voce di due donne emigrate dall’Abruzzo e baraccate a Roma presso l’acquedotto Felice. Nel mondo popolare il canto restituiva presenza e dignità anche a chi era costretto ad una vita di miseria e possedeva a mala pena se stesso, la propria voce. Si cantava per riappropriarsi di se stessi, per ricordarsi di esistere, per sopravvivere alla fatica, all’alienazione del lavoro, ai soprusi del padrone, alla povertà, alla guerra, perfino alla dittatura. Si cantava per non morire, affatto metaforicamente.
Il viaggio dei Vincanto parte dalla Toscana contadina di oltre un secolo fa, per poi toccare molte altre regioni e periodi storici. Nei concerti trovano spazio filastrocche e ninne nanne, canti epici e narrativi, canti di denuncia e di rivendicazione sociale, nel tentativo di offrire un quadro il più ampio possibile della varietà che caratterizza le espressioni musicali popolari in Toscana e in tutta Italia. Canti che nel loro complesso ci restituiscono il punto di vista dei ceti popolari, spesso cancellato dai libri di storia e la ricchezza di un mondo dove la cultura si tramandava oralmente.
I concerti dei Vincanto presuppongono un rapporto frontale con il pubblico, ma il gruppo è capace anche di inserirsi in manifestazioni che prevedono postazioni mobili non amplificate, come festival di musica di strada, o concerti in spazi piccoli destinati ad un pubblico raccolto.

Spettacoli tematici

Spettacoli in collaborazione con altri artisti